Governo, Renzi e Padoan già impantanati su come reperire le risorse. Cgil: “Pagano gli stessi”


tratto da Controlacrisi.org Autore: fabio sebastiani

Patrimoniale, cosa? Non è durata più di un paio di giorni la speranza di veder comparire nel programma del Governo Renzi una tassa sui grandi patrimoni. L’esecutivo a caccia di decine e decine di miliardi per attuare tutti i provvedimenti messi in agenda, sulla “madre di tutte le tasse” sembra nicchiare. Tanto che il segretario della Cgil Susanna Camusso è costretta ad aprire una polemica diretta con il ministro Pier Carlo Padoan. “Non basta semplicemente dire che si abbassa la pressione fiscale – osserva Camusso – il rischio e’ che si facciano begli annunci e continuino a pagare sempre gli stessi”. Secondo la segretaria generale della Cgil, serve una patrimoniale sulle grandi ricchezze e una maggiore tassazione di rendite e transazioni finanziarie. Ministro dell’Economia e premier vanno in due direzioni diverse. Dalle parole pronunciate da Renzi a Ballarò sembra che le due visioni su quando e dove intervenire non siano proprio sovrapponibili. “Si’, c’e’ spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie – dice Renzi a Ballarò – non dico sui Bot ma sulle rendite pure, questo per abbassare il costo del lavoro. Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le piu’ basse in Europa. L’ipotesi emersa dalle parole di Delrio era sui 100mila che non cambiano se si pagano 15 invece di 10 euro di tasse, ma io dico di attendere la riforma complessiva del sistema del fiscale. C’e’ la delega ancora aperta”.


Anche se finora il presidente del Consiglio si è ben guardato dal formalizzare numeri e saldi, la cifra di cui dovrebbe aver bisogno si aggira sui 100 miliardi. Come reperirli? Dice che sta facendo i conti. E le carte non saranno pronte prima di un mese. Le direzioni da prendere al momento sono diverse. E il grande capitolo dell’aggressioni alle grandi ricchezze è tenuto in un’area molto marginale. Qualcosa potrebbe arrivare dall’operazione di voluntary disclosure (le stime parlavano di circa 5 miliardi) ed e’ ancora da definire l’accordo con la Svizzera su cui stava lavorando l’ex ministro Saccomanni.

Innanzitutto si ipotizza di chiedere un allentamento dei parametri europei. Ma non ci sarebbe uno ‘spazio’ enorme, visto l’impegno, scritto ormai nero su bianco in Costituzione, del pareggio di bilancio. Secondo le nuove stime di Bruxelles, grazie al calo dello spread, l’Italia arrivera’ quest’anno ad un deficit del 2,6%. Se si contratta con l’Ue di ritornare alla soglia del 3%, resterebbero 0,4 punti di spazio di manovra, che corrispondono a circa 6 miliardi. Non molti, considerando che l’intervento sul cuneo deciso dal Governo Letta era di circa 4 miliardi e ha prodotto un effetto sulle buste paga considerato ‘risibile’.
C’e’ poi il capitolo dei tagli alla spesa affidato al commissario Carlo Cottarelli, che oggi Padoan ha incontrato per la prima volta al ministero. Da prime voci si tratterebbe di tagli immediati per 6 miliardi circa. Ma i sindacati sono gia’ in allarme: si tratta dei soliti tagli lineari, dicono. Altra strada sempre invocata e’ quella della lotta all’evasione: 120 miliardi che scompaiono ogni anno. Ma anche questa e’ una via difficile. Anche perche’ nel corso degli anni piu’ bui della crisi si sono molto attenuate le ‘armi’ in dotazione all’amministrazione. Infine lo stesso Renzi indica la ‘cassaforte’ della Cassa Depositi e prestiti. Il premier parla di ”sblocco totale debiti della pubblica amministrazione attraverso la Cassa Depositi e Prestiti”. Si tratterebbe di circa 70 miliardi. Ma il presidente di Cdp, Franco Bassanini, sembra frenare: ”La Cassa ha un ruolo solo sussidiario – spiega – e di ultima istanza perche’ i crediti delle imprese verso la P.A., una volta garantiti dallo Stato, verrebbero acquistati principalmente dalle banche”. Anche Padoan ha del resto precisato che sul tema il meccanismo e’ ”ancora precisare”.

La situazione è tutta in movimento. Ad in quietare sono più che le cose che propaganda il neopremier quelle su cui tace. Ad accorgersene è stato Cesare Damiano, che punta il dito sul delicato tema delle pensioni e degli esodati. “Tralasciare il tema della previdenza -sottolinea- non e’ questione secondaria: se si tratta di una scelta, significa contraddire la stessa promessa di Renzi di risolvere il delicato e drammatico problema degli ‘esodati’; non introdurre un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico, costringendo gli attuali lavoratori a rimanere in attivita’ fino a 67 anni, blocca di fatto il turnover e, quindi, l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro”, conclude Damiano.

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